Sandra Pietrini

Università degli Studi di Trento

Tipologie e modelli di attori: dal buffone medievale al fool shakespeariano

Pubblicato in Attori di carta. Motivi iconografici dall’antichità all’Ottocento, Roma, Bulzoni, 2005, pp. 55-87.

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Dal performer medievale, professionista del divertimento, all’attore come interprete di un personaggio drammatico non esiste una vera continuità. In Inghilterra, negli ultimi decenni del Cinquecento, il buffone Richard Tarlton riusciva tuttavia a dividersi fra il mondo della corte e quello della scena. Agli inizi del Seicento, allorché gli ultimi intrattenitori di corte mutarono caratteristiche e funzioni, diventando simili ai cortigiani e persino ai diplomatici, emerse la figura del fool, in cui un attore professionista rappresentava la parte di un buffone di corte, come Touchstone e Feste nelle commedie di Shakespeare. Ma come venivano rappresentati questi personaggi? Sul costume dei principali interpreti dei fools, fra i quali Will Kemp e Robert Armin, si possono avanzare soltanto delle ipotesi, poiché le indicazioni testuali sono ambigue e contraddittorie, a conferma del fatto che la figura stereotipata del buffone trasmessa dall’iconografia medievale veniva rielaborata e riadattata dalla libera inventiva degli attori.

La messa in scena del ratto delle Sabine

Pubblicato in “Teatro e storia”, 2004, 25, pp. 29-37. Rivista Culturale di Teatro. Bulzoni Editore

Uno dei pochi documenti iconografici in cui è raffigurato un edificio teatrale è una miniatura contenuta in un manoscritto francese della Storia di Roma di Tito Livio, illustrato intorno al 1478 per François de Rochechouart. La miniatura raffigura il ratto delle Sabine all’interno di un teatro romano e presenta elementi di somiglianza con il Martirio di Sant’Apollonia in un théâtre en rond nel Livre d’Heures d’Etienne Chevalier. Anch’essa  è stata molto probabilmente eseguita da Jean Fouquet o dai suoi allievi. A una raffigurazione plausibile di edificio teatrale, desunta dall’osservazione e non dai bizzarri modelli che circolavano nell’immaginario, si affiancano elementi giustapposti in modo incongruo, come l’altare posto al centro dell’orchestra e il buffone. L’azione scenica è del tutto indefinita e tende ad essere rimpiazzata, agli occhi dell’osservatore, con il rapimento delle Sabine, posto in primo piano come su un palcoscenico. La miniatura riecheggia così secoli di condanne del teatro, occasione di violenza e incitamento al peccato.

Stolti, buffoni e chierici nell’iconografia medievale

Pubblicato in “Quaderni Medievali”, 56, dicembre 2003, pp. 14-56. Edizioni Dedalo

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La raffigurazione di un folle nell’iconografia biblica del Salmo 52 acquista un particolare significato se analizziamo i tipici attributi della figura nei manoscritti del XIII e nel XIV secolo e la sua graduale trasformazione da un insipiens nudo o seminudo in un buffone di corte. Nel processo di metamorfosi dalla clava tradizionale alla marotte, si possono individuare alcune fasi intermedie che meritano di essere studiate. Curiosamente, le prime comparse di questo attributo tipico dei giullari sono proprio in alcune illustrazioni in cui l’insipiens è raffigurato come un chierico vagante, spesso con una tonsura a croce (un evidente segno di infamia). In altre miniature la satira tende a sottolineare l’analogia tra il folle biblico e altre figure emarginate, come i suonatori girovaghi, raffigurati con strumenti musicali assurdi come pinze da camino, ossa mandibolari e code di cani.

La rinascita dei piccoli teatri. Il nuovo Museo del Teatro, della Scenografia e del Costume di Bibbiena

Pubblicato in “Ariel”,  2, maggio-agosto 2003, pp. 15-18. Quadrimestrale di drammaturgia dell’Istituto di Studi Pirandelliani e sul teatro Italiano Contemporaneo

arielcA Bibbiena, nel cuore del Casentino, ha preso l’avvio un progetto finalizzato al recupero di antiche strutture teatrali e all’istituzione di un centro permanente di documentazione sulla scenografia. Il Museo del teatro, della Scenografia e del Costume è stato inaugurato con una mostra dei bozzetti di scena e dei figurini di Pier Luigi Pizzi, che ha collaborato anche alla ristrutturazione del Teatro Dovizi. Fra le varie iniziative, la realizzazione ogni anno di un festival barocco e l’istituzione di corsi di formazione professionale per operatori teatrali.

Medieval Fools in Biblical Iconography

Pubblicato in “Medieval English Theatre”, 24, 2002, pp. 79-103.

From the XIIIth century on, the illuminators of the Bible began to draw the figure of an idiot inside the initial of the Psalm 52 (“Dixit insipiens in corde suo: Non est Deus”). In the following centuries, this image of a poor outcast gradually changed into that of a court entertainer, wearing his typical multicolour costume and holding the distinctive club of jesters, the marotte. While until the XIVth century the representation of the Biblical fool in the guise of an idiot appears to hint to a moral condemnation, in a late specimen the illustration of the Psalm 52 shows the portrait of a real jester, William Sommer, depicted together with his king, Henry VIII. The metamorphosis of the idiot into a buffoon reveals the waning of the medieval link between folly and sin and shifts the focus to the simulated and socially accepted transgression of the buffoon.

Iconographical Models in Various Contexts: the Roman Theatre in a French Manuscript of Titus Livius

Pubblicato in “European Theatre Iconography”, Roma, Bulzoni, 2002, pp. 155-169.

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In a French XVth century manuscript of Titus Livius’s History of Rome is depicted the abduction of the Sabines during a theatre performance, with the audience arranged on a wooden framework similar to the scaffolds used for mystery plays and jousts. The theatrical structure represented in the miniature, which resembles to the more famous Martyre de Sainte-Apolline of Jean Fouquet, differs from the fanciful theatre buildings described and depicted in late medieval sources. The illustration of the Titus Livius’s manuscript is also a crossroads of iconographical models and theatre icons. The representation in the middle is a bizarre patchwork of elements, revealing a blurred notion of the Roman theatre, and the observer’s eye tends to replace it with the figurative theme, the abduction of the Sabines, placed in the foreground as upon a stage.

Medieval Ideas of the Ancient Actor and Roman Theater

Pubblicato in “Early Drama, Art and Music Review”, vol. 24, Fall 2001, 1, pp. 1-21. Medieval Institute Publications Western Michigan University

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Throughout the Middle Ages, the ancient stage and acting were the subject of medieval reconstructions which also ispired the illustrators of manuscripts. Scattered comments referring to Roman theatre, mingled with observations from contemporary spectacles, were derived from early medieval glossaries and found their way into the antiquarian definitions of learned humanists. The identity of the actor in the medieval conception of ancient theatre is blurred and influenced by the performances of jesters. This indefinite idea of theatre is also to be caught in the illustrations of the comedies of Terentius and in some XVth century miniatures of the City of God, translated and commented by Raoul de Presles, where the ludi scenici are represented as a court dance or a sort of tournament.

Attrici dietro le quinte

Pubblicato in “Biblioteca Teatrale”, n.s., 57-58, gennaio-giugno 2001, pp. 71-109. Rivista trimestrale di studi e ricerche sullo spettacolo.

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Nella narrativa e nelle arti figurative dell’Ottocento il teatro è un tema ricorrente e la vita degli attori dietro le quinte vi assume un’importanza fondamentale. Anche il sottobosco di figure che ruotano attorno al teatro, come impresari e giornalisti senza scrupoli, è descritto con icastico disincanto in vari romanzi italiani e francesi, come Nana di Emile Zola e Artisti da teatro di Antonio Ghislanzoni. L’immagine delle attrici che se ne ricava è fortemente pregiudiziale: predisposte alla finzione in quanto donne, corrotte dall’ambiente e spesso destinate, come le prostitute, a una parabola di ascesa e rovina morale ed economica, commedianti e ballerine possono riscattarsi dal peccato del teatro soltanto mediante la passione amorosa. I camerini sono per le attrici quasi un secondo palcoscenico, su cui trionfano nella loro vanità e perfezionano l’arte mondana della dissimulazione. In The Tragic Muse di Henry James, è proprio visitando i camerini della Comédie Française che l’aspirante attrice inglese Miriam apprende le malizie e le sottigliezze del porgere mondano, doti indispensabili alla sua carriera di artista.

Il piccolo teatro dei Rinascenti

Pubblicato in Il Seicento in Casentino. Dalla Controriforma al tardo Barocco, Firenze, Polistampa, 2001, pp. 193-198.

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L’Accademia seicentesca degli Incerti fu una delle prime accademie toscane nate con l’esplicita funzione di organizzare rappresentazioni teatrali. Decaduta gradualmente, fu rifondata nel 1704 con il nome di Accademia dei Rinascenti. La sede era il Castello dei Conti Guidi di Poppi, dove fin dalla metà del Seicento fu costruito un piccolo teatro all’italiana, con palcoscenico, sipario, platea e palchi sopraelevati. Nel 1742 questi furono “mattonati e dipinti” con i blasoni dei nobili del luogo e fu aggiunto un secondo ordine di stanzini. Gli attori erano i figli degli accademici, i quali provvedevano alla gestione economica dell’impresa mediante autotassazione. Fra alterne vicende, l’attività del teatro di Poppi continuò fino al 1881.

Il linguaggio delle passioni: attori e teorici della mimica nell’Ottocento

Pubblicato in “Annali del Dipartimento di Storia delle Arti e dello Spettacolo”, II, 2001, pp. 101-120. Edizioni Cadmo

annali1cSpesso definito l’epoca del grande attore, l’Ottocento è anche il secolo di massima fioritura dei trattati di teoria della mimica e dei manuali sull’arte di recitare. Influenzati dalla traduzione italiana del trattato di J.J. Engel sull’espressività (Ideen zu einer Mimik, 1785-86), attori e teorici elaborano le loro riflessioni sull’arte teatrale e oratoria. Le Lezioni di declamazione e d’arte teatrale (1832) di Antonio Morrocchesi, che si ritirò dalle scene per dedicarsi all’insegnamento presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze, configurano una recitazione enfatica e ridondante, mentre il Prontuario delle pose sceniche (1854) di Alamanno Morelli è strutturato come un dizionario, in cui a vari sentimenti e passioni corrispondono dei gesti e atteggiamenti. L’insegnamento tende così all’iconografia, a un repertorio mimico codificato delle passioni, e i trattati scritti dagli attori nella fase discendente della loro carriera artistica rappresentano anche una memoria virtuale della loro arte.